Quella di Giancarlo Perbellini è una storia meravigliosa, anzi, quella di tutta la Famiglia Perbellini è una storia meravigliosa. l’ho appresa il 4 dicembre del 2014, quando sono andato per pura curiosità alla presentazione del suo libro dal titolo profetico “Casa Perbellini: Arte nella Classicità“, rimasi colpito dalla tenacia e dalla determinazione di quest’uomo.
“Il gusto non ha traguardi” mi scrisse nella dedica, frase che incarna bene la sua vita e la sua filosofia!
Tutto è iniziato con il bisnonno Giovanni Battista, era ancora il 1891 quando ha preso forma il libro “Pasta Lievitata”, che contiene la ricetta dell’Offella D’Oro, tutt’ora nella produzione dolce di Perbellini; sono invece i primi del ,900 quando Giovanni Battista si separa dalla Melegatti e si mette in proprio, a Bovolone, paesino della bassa veronese. Piano le cose si fanno più grandi, più ambiziose, un bar, un albergo, un ristorante. Poi la pasticceria si fa grande, si vende all’ingrosso e il marchio Perbellini si fa strada in tutta Italia, un nuovo grande laboratorio aperto a Isola Rizza. Sede importante per la storia di Giancarlo sarà proprio Isola Rizza, altro paese della bassa veronese, dove in un capannone spesso circondato dalla nebbia prenderà forma la prima vera avventura di Giancarlo, ma prima dell’avventura con un suo ristorante ne ha fatta di strada questo cuoco, ne ha passate di avventure e ne ha sopportate di critiche. Prima i dubbi su cosa fare, erano molte le idee e i sogni, non sempre in accordo con le volontà della famiglia, ma l’accordo lo trovano proprio sulla cucina, l’alberghiero di Recoaro in particolare, una scuola che ha segnato Giancarlo, ponendo le basi per il futuro nella più alta ristorazione. Poi le esperienze, da quelle nella vicina Verona, al Marconi, al 12 Apostoli, al Desco. Al ristorante Marconi (all’epoca con una stella Michelin) è legato un aneddoto simpatico che lo chef racconta sempre volentieri, partiva alla mattina con il motorino, da Bovolone a Verona (qualcosa come 25 km, non proprio dietro l’angolo), e la sera il padre veniva a prenderlo con il camion della ditta, caricava il motorino e tornavano a casa, così per i 3 mesi estivi! Di questi ristoranti porta con sé ricordi, stile, ispirazioni.
Ma la vera prima grande esperienza nell’alta ristorazione Giancarlo la fa al San Domenico di Imola, ristorante che detiene 2 stelle Michelin da ormai 40 anni; qui impara a mescolare la ricerca con la tradizione, impara cosa voglia dire alta cucina gourmet ed apprende anche l’arte del servizio, in quel periodo sempre ispirato alla grande scuola francese. Ed infatti molte esperienze Giancarlo le fa proprio in Francia, altra tappa fondamentale i cui echi sono ancora riconoscibili nei piatti dello chef.
Continuano viaggi ed esperienze lavorative, poi finalmente la decisione e la possibilità di aprire il suo primo ristorante e la scelta cade proprio su Isola Rizza. Non facile come inizio, proporre alta cucina in una zona relativamente distante dai principali centri abitati, in una zona non bellissima. Eppure proprio là è partito il mito. Le difficoltà si sono superate per tentativi, si è arrivati anche a dover chiudere, per poi riaprire con nuova carica e nuove idee, fino ai risultati positivi: una stella, poi la seconda, tre forchette, tre cappelli (quando ancora erano solo tre) e via discorrendo, fino a diventare un punto di riferimento per tutta la cucina italiana, per andare in quel ristorantino in mezzo al nulla a fianco di un capannone la gente macinava chilometri su chilometri.
Ma che cucina fa allora questo “cuoco artigiano”, come è stato spesso definito? Fa una cucina che è rappresentativa di tutto quello appena narrato sopra! Una cucina fatta prima di tutto di prodotti, di territorio, inteso non solo come Verona e dintorni ma tutta l’Italia; poi di influenze che potremmo però definire ricordi, ricordi delle esperienze francesi in particolar modo. Casa Perbellini è il nuovo ristorante dello chef ed incarna appieno la sua idea di cucina e in senso più ampio di ristorazione. A Casa Perbellini si va prima di tutto a fare un’esperienza intima, si viene letteralmente accolti a casa dello chef, come appunto suggerisce il nome, il ristorante si trova a Verona, in piazza San Zeno, a pochi passi dal centro, bisogna suonare in campanello per annunciarsi ed essere accolti in un locale piccolo, pochi tavoli, per dare modo di curare nei minimi dettagli la cena o il pranzo dei commensali. I clienti vengono fatti accomodare a dei tavoli ancora da apparecchiare su cui si staglia un centrotavola che nasconde una sorpresa, che verrà rivelata a fine pasto, ma viene apparecchiata subito dai camerieri, una scelta ed una gestualità che contribuiscono a creare l’atmosfera di una cena a casa di amici, lo chef in persona fa gli onori di casa porgendo i menù e spiegando i format disponibili.
La vera novità però sta nella cucina, una splendida cucina a vista, anch’essa ridotta nelle dimensioni (un bel salto rispetto a quella gigantesca di Isola Rizza), meraviglia per gli occhi dei commensali che vedono la brigata all’opera: nulla è nascosto, tutto viene eseguito sotto gli occhi di tutti, dalle cotture all’impiattamento, al lavaggio delle stoviglie. Non è il primo ristorante ad avere una cucina a vista, ma, perlomeno per la mia esperienza, è il primo ad avere una cucina così tanto aperta, un piacere per i commensali dicevamo, ma sicuramente una grande sfida per i cuochi dal momento che lo spazio è veramente poco, l’armonia nel lavoro è indispensabile, discutere stile Gordon Ramsay è impensabile davanti al cliente. Poco è anche lo spazio per conservare i prodotti, si è costretti a fare la spesa praticamente ogni giorno, il menù cambia frequentemente, segue la stagione. Anche la cantina è ridotta di dimensioni e da ciò deriva la scelta di avere una cantina con poche etichette ma molto ben selezionate!
Quali sono quindi i menù? Le offerte sono semplici (apparentemente): per la cena (ma disponibili anche a pranzo) i percorsi sono due, “Assaggi” è il vero e proprio menù degustazione, 7 piatti a 149 euro. L’altro percorso è un’altra bella sfida per lo chef, si chiama “Chi sceglie… prova” ed è una sorta di gioco tra la cucina e il commensale, da una lista di 4-5 ingredienti stagionali se ne scelgono 2, con cui il cuoco comporrà le due portate principali del menù, precedute da due antipasti e seguiti dai dolci, al prezzo di 124 euro. Serve un po’ di fiducia nei confronti dello chef, si possono scegliere ingredienti differenti tra i vari commensali al tavolo, ma anche scegliendoli tutti uguali difficilmente verranno proposti a tutti gli stessi piatti, una sfida continua, molto divertente e originale! Su prenotazione per la cena è stata pensata anche un’altra formula, concepita pensando un po’ al pre-arena di cui ho già fatto cenno in passato, il menù veloce composto di benvenuto, un antipasto e un secondo classici dello chef in mezzo ai quali viene servito un primo piatto che cambia frequentemente, si termina con i dolci, il tutto a 80 euro comprensivi però anche di un piccolo abbinamento vini; questo menù è servito solo dalle 19 alle 20.30. per il pranzo invece è stata pensata un’offerta che viene presentata a voce dallo chef, composta da benvenuti, due piatti principali e i dolci a 58 euro, 73 se a questa proposta si vuole aggiungere l’antipasto leggendario dello chef (lo stesso del menù veloce, ma di cui vi parlo per esteso dopo!).
Per quanto riguarda i vini sono presenti tre differenti proposte di abbinamento, rispettivamente a 50, 80 e 120 euro, è sempre presente inoltre una piccola selezione tra cui scegliere il calice per l’aperitivo.
Sono stato diverse volte a Casa Perbellini, avendo modo di provare tutte le proposte, in questo articolo vi parlo del menù Assaggi per dare una visuale più completa sulla cucina di Giancarlo Perbellini.
Il nostro menù, come tutti i percorsi, inizia con il carosello di benvenuti dalla cucina, che si gustano meglio con una bella bollicina. La sfera di spritz aperol, millefoglie di alga nori con guacamole e wasabi, tartelletta di polenta con bavarese di grano saraceno e spuma di gorgonzola….
….Patata soffiata alla pizza marinara, croccante al burro e acciughe con maionese al limone…
Tutti meravigliosi, un modo veramente goloso per iniziare la cena.
Poi un benvenuto viene servito da solo, per dargli la dovuta importanza: zabaione ghiacciato con caviale affumicato, solo due ingredienti per un’esplosione di gusti davvero unica, un piatto allo stesso tempo semplice e cerebrale, che lo chef racconta di aver concepito accostando questi sapori così distanti tra loro prima nella testa, come un musicista fa con le note, un benvenuto che è diventato un grande classico.
Buonissimo e classicissimo il pane caldo con il burro salato.
Segue un altro cavallo di battaglia, il wafer al sesamo con tartare di branzino, caprino all’erba cipollina e “sensazione” di liquirizia piatto che in parte cita una sua esperienza francese, a L’Ambroise dove si serviva un piatto con una cialda di sesamo, in parte poi simboleggia bene il concetto di “tocco dello chef”, un piatto buono, molto bene eseguito, ma a fare la differenza e trasformalo in piatto leggendario è la liquirizia, nella forma di un cucchiaio intinto in un brodo di liquirizia con cui gustare il piatto. La prima volta che lo chef lo ha provato, per mancanza di liquirizia in cucina in quel momento, ha sciolto delle caramelle alla liquirizia, quando si dice colpo di genio. Il piatto ha tutto, morbidezza contrapposta a croccantezza, sapidità, la giusta acidità e tutto il profumo e l’aromaticità della liquirizia che resta persistente in bocca ma mai invadente. Piatto che lo chef non può assolutamente togliere dalla carta.
Segue un piatto nuovo, la ricciola leggermente affumicata servita su un’emulsione di olio extravergine di oliva, con tartare di gamberi, castagne e limone. Piatto meraviglioso, a far da protagonista è la ricciola con il gusto affumicato che dona potenza al piatto. Ottima la tartare sopra per un contrasto di consistenza e temperatura ma armonioso per gusto. Uno dei piatti più interessanti della serata.
Il piatto seguente è un piatto probabilmente destinato a diventare un altro classico di Casa Perbellini, scampo dorato, cervella fritte, fagioli, puntarelle e limone. Gli scampi si trovano spesso nei menù di chef Giancarlo, sono uno dei suoi ingredienti preferiti e li declina in mille modi diversa, questa versione è sicuramente una delle più interessanti. Le cotture perfetta, l’abbinamento tra cervella fritte, quindi una frattaglia grassa e dal gusto avvolgente con un crostaceo non è facile, ma per quanto inusuale proprio chef Perbellini non è nuovo a questo tipo di abbinamento, sa bene come equilibrare gusti e consistenze, la crema di fagioli infatti fa da sfondo denso e morbido, mentre le puntarelle donano una sensazione di croccantezza e di freschezza assai piacevole in bocca, il limone naturalmente serve a sgrassare un po’ il palato. Piatto incredibile, in cui si sentono echi di italianità ma con molte note di novità e di personalità.
Si passa ai primi piatti, si comincia con Mioline e Lumachine. Piatto talmente semplice da essere commovente, le mioline sono un formato di pasta piccolo, che ricorda ad esempio i risoni per chi come me ha la mamma che glieli propinava ad ogni accenno di malattia. La volontà è proprio questa, evocare ricordi, è infatti un piatto che profuma di memoria, di casa. Torna anche la gestualità dell’accoglienza domestica, il piatto infatti viene portato al tavolo ancora con il coppa-pasta poggiato, che viene poi sfilato dal cameriere svelando il piatto, ma svelando soprattutto il profumo incredibile. Gestualità che sembra voler dire “guarda, l’ho preparato al volo”, sappiamo che non è così ma la mente si lascia ingannare piacevolmente ed entra nella magia e nell’accoglienza di Casa Perbellini. Le mioline sono mantecate con una bisque di crostacei (preparazione che riesce particolarmente bene allo chef, bisogna dirlo), terminate poi con le lumachine di mare e una spruzzata di salsa al prezzemolo. Rimandi a preparazioni casalinghe dicevamo, ma anche a piatti tradizionali come lo spaghetto allo scoglio o il risotto alla pescatora, piatti evocati soprattutto dai profumi sprigionati dal piatto, altro bell’esempio di classicità intesa come arte.
Poi un piatto rimasto in carta dal menù precedente, perché di gran successo. Gnocchetti di grano arso, gnocchetti di ricotta di bufala, con caviale, vongole e il loro brodetto e limone. Piatto dai gusti complessi, in cui il sapore sapido e iodato di caviale e vongole fa da protagonista, ammorbidito però dalla ricotta di bufala e dal piacevole sapore tostato ed affumicato del grano arso, altro grande piatto di sicuro.
L’artiglieria pesante però viene sfoggiata con i secondi.
Si parte dalla pluma di maialino iberico, spinacini, meringa alla senape e riduzione alla birra, piatto di una golosità veramente unica, il maialino iberico è una delle carni più pregiate che esistono, si può servire con una cottura rosa, essendo una carne in pratica rossa, per cui resta morbidissima e succulenta. La meringa alla senape, friabile e leggera ha quella spinta lievemente piccante che solletica il palato; piatto di diritto tra i più buoni della serata, anche se è difficile scegliere!
Segue il capriolo, con spuma e chips di polenta, aglio nero fermentato e salsa verde. Cottura del capriolo da manuale, il fondo è piacevolissimo. Interessante l’aglio fermentato, che avendo un retrogusto di sottobosco, che ricorda quasi i funghi, si sposa a meraviglia con la polenta. Anche qua i rimandi di classicità sono evidenti, chi non ha mangiato d’inverno lo spezzatino di capriolo con la polenta? Impossibile non sentirsi catapultati in qualche rifugio di montagna con il camino acceso. Piatto nel complesso abbastanza semplice, ma dal gusto veramente coinvolgente.
Poi un fuori menù, in questo periodo tra gli ingredienti del menù “chi sceglie prova” c’è anche il rognone e poteva un amante del quinto quarto come me non provarlo? Ecco allora il rognone saltato al marsala, con spinacini, panissa e riduzione di porto, non servirebbe nemmeno specificare che la cottura era magistrale, il profumo del piatto era da capogiro e il gusto naturalmente ottimo! Il rognone è stato messo in carta in quanto sfida, molti dicono che sia difficile prepararlo bene, che dire, sfida vinta chef!
Prima di passare ai dolci, un boccone che prepara il palato, una “roccia” di parmigiano con mela verde in sorbetto e a julienne. Il piatto centra l’obiettivo del pre-dessert, non è un taglio netto con la componente salata, il parmigiano conferisce nota sapida e umami al piatto, mentre la mela verde pulisce e rinfresca il palato preparandolo ai rocamboleschi Divertimenti di Casa Perbellini. Nel menù i dolci si trovano sotto questa dicitura un po’ generica che lascia molta curiosità.
Per il menù assaggi c’è una sequenza di ben tre dolci, si parte con dolce a base di mandarino, in varie consistenze, gelatine, sorbetto, crema, accompagnato da un croccante al gianduia, piatto di un’acidità sferzante che però viene ingentilita dal gianduia, molto buono.
Segue un dolce molto classico, ma molto buono, millefoglie di mela con gelato alla vaniglia e sfoglia croccante, dolce che strizza l’occhio in parte allo strudel e in parte alla torta di mele servita appunto con il gelato. Gusti di casa, gusti familiari, per un dolce goloso ma forse troppo semplice per il mio palato poco avvezzo ai dolci in generale, ma che comunque non stona in un menù e soprattutto in un ambiente che nelle tradizioni affonda le sue radici.
Il dolce che segue è un piatto storico dello chef Giancarlo, divenuto ormai simbolo dell’intera famiglia Perbellini, dai primi tempi quando si facevano soprattutto dolci. Sto parlando della millefoglie “strachin”, una millefoglie che al ristorante viene servita in monoporzione, farcita con una crema “straca” cioè lavorata molto, si tratta di una crema a base di tuorlo, zucchero e albume montati separatamente poi incorporati l’uno nell’altro e lavorati molto (straca si può tradurre con stanca, infatti) per fare sì che la crema incorpori molta aria, diventando una nuvola morbida ed avvolgente.
Al cliente viene consigliato di dare un colpo secco con il cucchiaio e rompere la millefoglie, per poterla gustare al meglio. Dolce ruffiano, ma assaggiandolo si capisce perché è diventato storico, soprattutto a Verona, dove per qualsiasi occasione e festività le famiglie portano a casa la millefoglie, amata e odiata da tutti, amata perché buonissima, odiata solo perché qualcuno ne ha mangiata troppa; riesce ad essere al tempo stesso un inno all’opulenza per il suo sapore ricco e goloso, ma anche alla leggerezza, la crema montata al momento è davvero di una leggerezza e di una consistenza aerea uniche e inimitabili. Anche questo dolce non incontra i miei gusti in linea di massima…. Ma è davvero troppo buono, una leggenda commestibile.
Non finisce qui, tra i divertimenti di Casa Perbellini c’è infatti la piccola pasticceria, viene riportato al tavola il centrotavola a forma di pagliaccio che c’era a inizio cena, prima di apparecchiare la tavola, e scopriamo che celava dei ripiani su cui viene appoggiata la piccola pasticceria, anche questa abbondante e molto varia, bicchierino con ananas e chartreuse, crema di mandorla e fragola, crema di frutto della passione e pera, tartelletta alla camomilla, bavarese alla birra, cremini, sfere di cioccolato bianco… veramente un divertimento.
Ahimè la cena termina qui, con un distillato ed un caffè per affrontare il viaggio di ritorno, due chiacchiere con lo chef e lo staff. Ce ne andiamo sazi e felici, decisamente. Il menù è stato davvero ricco, ricco nei contenuti con piatti di qualità eccelsa, prodotti ineccepibili, ma ricco anche di spunti. Giancarlo Perbellini si è lanciato in una sfida veramente importante: spostare un ristorante con ben due stelle Michelin e svariati riconoscimenti, proponendo una formula nuova, con molte difficoltà per la cucina e per il servizio, affidandosi a giovanissimi (tra sala e brigata difficilmente la media di età supera i 30 anni) e ha vinto alla grande. Casa Perbellini ha confermato in un solo anno entrambe le stelle Michelin, ben quattro cappelli de L’Espresso (riconoscimento che mette Casa Perbellini tra i migliori 15 ristoranti d’Italia ora che i cappelli sono cinque), e punteggi altissimi in tutte le principali guide italiane. Prenotare non è semplicissimo, difficile trovare posto nella saletta principale davanti alla cucina, segno della fiducia dei clienti affezionati, ma anche dell’interesse mostrato da nuovi clienti e nuovi appassionati.
Come sempre i prezzi non sono popolari nel ristorante bistellato, (in linea con gli altri ristoranti di pari stelle) ma l’esperienza che si vive, vale ogni singolo centesimo speso; l’atmosfera e l’accoglienza di casa, quasi di famiglia verrebbe da dire, sposano alla perfezione l’alta ristorazione, in un connubio che regala al cliente un’esperienza unica, che non appena finisce, si vuole già ripetere ancora e ancora, è uno di quei ristoranti in cui è impossibile non ritornare, per il cibo superbo certo, ma non solo. Il personale di sala, guidato dalla bravissima Barbara Manoni (per altro maître dell’anno secondo Identità Golose 2017, giusto per aggiungere riconoscimenti a Casa Perbellini) è ormai ben rodato, dopo qualche cambio di guardia è stato scelto anche il sommelier, Marco Matta, giovanissimo, ma con esperienze illustri, prima fra tutte La Gavroche a Londra che gli permettono di destreggiarsi con una cantina tutt’altro che semplice come quella di Casa Perbellini. Giovane è anche la brigata di cucina, che tiene il passo veloce di Giancarlo e del suo braccio destro Giacomo Sacchetto, anche lui giovane ma già con grosse esperienze (è stato sous chef anche di Norbert Niederkofler, il re della montagna)
Non è finita qui, parlare di Giancarlo Perbellini senza parlare degli altri locali aperti sotto la sua ala protettrice sarebbe ingiusto. Ha infatti curato l’apertura di un locale anche a Hong Kong a nome La Locanda, senza dimenticare i locali già ben rodati in centro a Verona: la Dolce Locanda curata da Giulia Cerboneschi, giovane astro della pasticceria, dove potete trovare la millefoglie, l’offella, i pandori e tante altre dolcezze strepitose; tappa obbligatoria è anche il Tapasotto, nelle mani di Federico Zonta, locale informale in cui mangiare ottimi cicchetti (piccoli piatti che secondo la tradizione sono di accompagnamento alle bevute, ma che nel tempo si sono fatti elaborati diventando ormai veri piatti) e dove bere veramente bene a prezzi per altro veramente competitivi, il tutto in un atmosfera distesa e piacevole. Obbligatorio citare anche la Locanda 4 Cuochi e il Capitan della Cittadella, rispettivamente cucina più tradizionale e confortevole l’uno, cucina di pesce l’altro, sempre nel centro di Verona. Non contento lo chef con il suo team ha anche aperto un ristorante a Venezia, il Dopolavoro affidandolo al giovane chef Federico Bellucco, che solo pochi mesi dopo l’apertura ha conquistato una stella michelin, riconfermata quest’anno. Poi la televisione con un programma su Gambero Rosso Channel, le collaborazioni e le consulenze come ad esempio l’ultima con Air Dolomiti, il ruolo di giudice al concorso Bocuse D’Or (le olimpiadi dei cuochi), di successo era stata anche l’avventura ad Expo per Identità Golose. Lo chef è davvero instancabile! Insomma un piccolo impero quello di Giancarlo Perbellini, con una formula vincente per tutti, per i clienti in primo luogo, che hanno un’offerta veramente completa per tutti i gusti e per tutte le tasche tra cui scegliere, per qualsiasi occasione, che sia la colazione in Dolce Locanda piuttosto che l’aperitivo al Tapasotto, o una cenetta ai Quattro Cuochi, offerta che ha come punta di diamante naturalmente Casa Perbellini, il tutto con la qualità e la precisione tipiche del “cuoco artigiano”.
E io intanto, selfie con il grande Giancarlo Perbellini!
Se avete in programma un giro nella città di Romeo e Giulietta, Casa Perbellini è una tappa che vale il viaggio, da dovunque veniate, comunque vale il viaggio, ve lo assicuro!
Written by Massimo Michelon
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