Riccardo Camanini è un genio. E la recensione del suo ristorante, il Lido 84 potrebbe anche finire qua, ma è un piacere anche per me ripercorrere un memorabile pranzo vista lago.
Il ristorante in questione è aperto da soli 2 anni, nella splendida Gardone, affacciato proprio sul lago di Garda, da sempre meta turistica per le sue bellezze e di recente anche per la sua crescente offerta gourmet, basti pensare all’Osteria PIJEI (da poco riaperta come Casa Leali) e al ristorante del Grand Hotel Fasano poco distanti, sempre sulla riva bresciana, ma anche Oseleta o Vecchia Malcesine sulla riva veronese.. solo per citarne alcuni.
Camanini arriva da un percorso classico, con esperienze importanti sotto il maestro di tutti Gualtiero Marchesi, ma anche esperienze francesi di tutto rispetto. È stato difensore per lungo tempo di una stella michelin a Villa Fiordaliso, poco distante dall’attuale ristorante. Ed ora si è lanciato in un’avventura tutta sua, assieme al fratello che si occupa della sala. Ed in un solo anno ha conquistato di nuovo la stella Michelin e in due, cosa a mio avviso più incredibile, la fama a livello internazionale, tanto da avere ospiti illustri come Ducasse, Toutain e Nilsson, grandissimi chef che attraversano l’Europa per assaggiare i piatti di questa giovane rivelazione della cucina italiana. Il motivo sta ovviamente tutto nei suoi piatti, da segnalare anche la partecipazione al Grand Gelinaz Shuffle, importante evento internazionale che riunisce gli chef più importanti della scena mondiale.
Ma partiamo dalla location: il ristorante LID0 84 è accolto in un giardino splendido, elegante e raffinato, l’edificio principale è affacciato sul lago ed offre panorami mozzafiato sia di giorno che al tramonto. Mangiare a pochi passi dall’acqua è un’esperienza che potrebbe anche far perdere l’attenzione sul cibo, ma qua avviene il contrario, ci si può anche dimenticare del lago tanto sono sorprendenti i piatti.
L’accoglienza al LID0 84 è conviviale e gentile, Giancarlo è sicuramente un bravo padrone di casa, e lo chef cerca sempre di fare una volata in sala ad accogliere i suoi ospiti. Fisso in sala c’è il sommelier Manuele Meneghini, giovane ma già con importanti esperienze, ultima prima di approdare al Lido 84, Casa Perbellini!
L’arredamento è di gusto, arte contemporanea mescolata ad oggetti molto vintage, come una splendida macchina da scrivere, l’atmosfera è piacevole e rilassante in tutto. E la cucina? Beh, la cucina è la vera sorpresa.
Camanini dall’alto delle sue esperienze classiche parte proprio dalla classicità, per andare ancora più indietro nel tempo e riscoprire sapori e tecniche ormai dimenticate dai più, ma tutto per poi proiettarsi in una cucina che risulta, sul finire, moderna. Concetto apparentemente complesso ma che assaporando i piatti si districa in una chiarezza e semplicità accomodanti e vincenti. i menù degustazione sono due, uno più classico (5 portate a 55€) l’altro che lascia libertà allo chef per 7 piatti (a 70€) e che prende il nome di “oscillazioni” che ben rappresenta la cucina dello chef.
Noi optiamo per il menù Oscillazioni.
Convincono subito i benvenuti della cucina, cialde croccanti una di parmigiano e l’altra di gamberi, accompagnati da un cannolo di alga fritta ripieno di una crema alla rapa rossa, messi al centro del tavolo, a creare subito un’atmosfera conviviale e rilassata, che sarà il filo conduttore di tutto il pranzo.
Segue il burro all’anguilla affumicata, anche questo portato direttamente nel secchio di legno e spalmato su crostini caldi, pazzesco.
Il terzo benvenuto è un monocromo di arachidi, rosmarino, aceto e miele, a ricordare un po’ le classiche arachidi da aperitivo, ma rivisitate in consistenze e sapori e che ben si sposano con l’idea di aperitivo prima di iniziare il vero e proprio pranzo con gli antipasti,con una buona bollicina.
Con il primo antipasto lo chef ci fa sentire i sapori del suo lago, un battuto di coregone, freschissimo, su un letto di pomodori marinda, menta e accompagnato da pistacchi in due consistenze, in crema e in cialda croccante. Un boccone fresco, profumato, che rimanda a sapori mediterranei ma utilizzando un pesce di lago!
Segue una bella sorpresa, l’anemone di mare, che confesso non avevo mai assaggiato prima. Servita adagiata su una crema di topinambur e spruzzata poi con vermouth rosso, l’anemone è assolutamente incredibile, di difficile reperibilità, ma che agli amanti del sapore di mare regala emozioni non da poco, ha un sapore più intenso dell’ostrica, con una punta iodata molto forte e spinta che però risulta perfettamente in armonia con la dolcezza e la “terrosità” del tubero, equilibrata poi dal vermouth. Solo tre ingredienti per un piatto che presenta una complessità di sapori notevole, gran colpo!
Si passa ai carboidrati, vero e proprio amore dello chef, e si inizia alla grande con l’ormai già leggendario spaghettone burro e lievito, piatto finito addirittura al Moma di San Francisco, per volontà dello chef Corey Lee organizzatore di una mostra fotografica dedicata al cibo. Spaghettone che ha ricevuto anche un altro complimento non da poco, Alain Ducasse, figura mitologica della cucina mondiale, ha ammesso che il piatto più buono che abbia mai mangiato è sicuramente lo spaghettone di Riccardo Camanini.
Ma come può un piatto così minimale, di nuovo con soli 3 ingredienti, essere tanto buono e diventare tanto famoso? Beh, è semplice, è davvero buonissimo! È un piatto di semplicità solamente apparente, perché lo studio che c’è dietro è certosino, la scelta degli ingredienti è minuziosa e la ricerca arriva addirittura alla masticazione, ci spiega lo chef; la pasta viene fatta cuocere qualche secondo oltre la sua cottura standard, per risultare appena morbida, in modo da far risaltare la croccantezza del lievito, che viene fatto essiccare in forno per un’ora in modo da assumere una consistenza simile ad una meringa, friabile. Il burro poi dona cremosità e grassezza che danno rotondità al piatto, ma sul finale torna il lievito, che con la sua nota di acidità pulisce la bocca dalla grassezza del burro. Questa è vera arte, prova che a volte la semplicità è proprio la cosa più difficile da raggiungere.
Segue un risotto, il riso all’aglio nero. Ci spiega lo chef che la volontà era rivisitare un classico come il riso al nero di seppia, ma cambiando gli ingredienti e naturalmente i sapori, dopo una ricerca sui prodotti “neri” la scelta è caduta sull’aglio nero fermentato, che assume dopo la fermentazione un colore nerissimo e un sapore che ricorda molto il sottobosco, i funghi, che lo chef decide di accompagnare con delle gocce di frutti rossi, sempre per ricercare l’acidità fondamentale in un piatto! Sorprendente anche questo piatto!
Continuiamo con i carboidrati con un piatto che non sarebbe nel menù degustazione ma che non potevo non assaggiare, visto che sta raggiungendo la fama dello spaghettone: la cacio e pepe in vescica. Non fatevi prendere dal disgusto per l’utilizzo di una parte così poco nobile e provatela! La vescica viene utilizzata come contenitore per una cottura biologica a riprendere tradizioni talmente antiche da perdersi nella notte dei tempi, la vescica infatti era utilizzata sicuramente già dai romani per alcune cotture, ma probabilmente anche prima. In tempi più recenti (e ancora oggi) si utilizza per la cottura del pollo in Francia, e da qua parte lo chef come ispirazione, ma voleva renderla italiana, e allora cosa se non la pasta rappresenta al meglio il concetto di italianità? La vescica dunque viene lavata a lungo, all’interno vengono sigillate quantità precise di tutti gli ingredienti, poi viene immersa in acqua bollente per almeno 30-35 minuti e girata di continuo, portata al tavolo ancora chiusa e aperta al momento. Il risultato? La miglior cacio e pepe mai assaggiata. L’effetto è quello di una pasta cremosa, con gli ingredienti perfettamente amalgamati, con cottura al dente, con un profumo che può ricordare anche la pajata romana. Vale assolutamente la pena provarla, fidatevi.
Poi passiamo alle carni, con un boccone di intermezzo per pulire bene la bocca e ricominciare, il nome del piatto è tutto un programma “Morso”. Torna nuovamente la ricerca nel passato per tornare al futuro della cucina. In questo caso lo chef si è ispirato alla carne appesa a frollare nelle grotte, poi mangiata a morsi, appunto, di preistorica memoria. La carne è fatta marinare cruda nell’aceto di groppello, servita poi su una foglia croccante di cavolo viola e una purea sempre di cavolo viola. Lo chef ci avvisa che la consistenza non è quella delle basse temperature che rendono tutto morbidissimo, è una carne che va morsa, masticata, lo chef racomanda di focalizzarci sulla masticazione, che ultimamente è un po’ passata di moda. Dovendo masticare la carne si ha modo di farle esprimere al meglio il sapore, il gusto della marinata che viene letteralmente spremuto sulle papille gustative.
Poi la lingua, che viene preparata classicamente poi piastrata per creare una croccantezza esterna che contrasta invece con la morbidezza interna, viene servita con capperi, rabarbaro e una salsa agli agrumi e come contorno viene proposto un purè di patate ratte, chiamato anche purè 1 a 1, perché 1 kg di patate richiede 1 kg di burro, penso non sia necessario dirvi quanto buono fosse questo piatto, parola d’ordine: opulenza!
Per i dolci poi la convivialità di cui facevo cenno prima raggiunge i suoi picchi più alti. Carrellata dei dolci più significativi in carta da mettere al centro del tavolo per tutti i commensali così da scambiarli e assaggiarli tutti. Una meringa al cioccolato bianco, servita con una “carta da parati” commestibile, una nuvola di cioccolato che racchiude una creme brulèe al cacao e la torta di rose, cotta al momento e servita con un pentolino di zabaione sempre montato al momento. Vedete, molti temono la formalità dei ristoranti stellati, qua scordatevela, qua invece è bello usare le mani, prendere un po’ qua e un po’ là, scambiarsi i bocconi, è una vera e propria soddisfazione che si notava anche dai nostri sorrisi e dalle nostre espressioni, crogiolandoci nel gusto!
La piccola pasticceria non è da meno, invece delle alzatine con i pasticcini classici, gli chef vengono direttamente al tavolo con un cesto di mandorlato morbido e un forbicione per tagliarne qualche pezzo prima, poi con un tartufone di cioccolato gigante e il coltello per scagliarlo, poi ancora con una matassa di “pongo” ovvero un caramello elastico aromatizzato all’arancia e infine alcuni petali e bucce cristallizzati per la freschezza finale.
Caffè, bicchiere di cordiale della vicina ditta Tassoni, e si conclude così un pranzo favoloso, un viaggio nella classicità e nella storia della cucina, sviscerate fin nei meandri più remoti e riportate a nuova luce, con nuove vesti, l’abusato modo di dire “tradizione e innovazione” è portato all’estremo da Riccardo Camanini, chef che può vantarsi di aver portato la cucina italiana ad un nuovo livello, potremmo quasi definirla avanguardia.
Eppure lo chef è una persona umile, gentile e solare, il cui primo interesse e far passare qualche ora felice ai suoi ospiti. I complimenti vanno a lui per le idee e la cucina, ma senza dimenticare il lavoro del fratello Giancarlo, che in sala svolge un accurato lavoro; una nota di merito va anche al sommelier, giovane ma esperto, Manuele Menghini, che ci ha saputo accompagnare con abbinamenti non scontati e sempre azzeccati (il moscato abbinato al risotto nero, provare per credere! Naturalmente i complimenti sono estesi a tutto lo staff di cucina che fa anche il servizio al tavolo per poter spiegare al meglio i piatti.
Consigliato a chiunque, famiglie per il pranzo della domenica, coppiette in cerca di romanticismo vista la location, ma anche per passare un pranzo o cena tra amici, a prezzi per il livello assolutamente competitivi!
Eh si, quel giorno a pranzo c’era anche Massimo Bottura (sulla destra), pure lui voleva provare i piatti di Camanini (sulla sinistra)!!
Grande sorpresa!
Lido 84
Corso Zanardelli 196, Gardone Riviera (BS) – Tel: 0365 20019
info@ristorantelido84.com
www.ristorantelid84.com
Written by Massimo Michelon
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