Il Luogo di Aimo e Nadia, un ristorante a Milano che racchiude il cuore pulsante della cucina italiana.
Un luogo, anzi, il Luogo, con la L maiuscola, il Luogo di Aimo e Nadia, per essere precisi, un ristorante che è una vera istituzione della cucina italiana, punto di riferimento e caposaldo della tradizione italiana.
Non è facile parlare di questo ristorante visto cosa rappresenta, ma ci provo ugualmente, perché l’esperienza fatta un mercoledì a pranzo in quel di Milano, va raccontata.
La storia del Luogo di Aimo e Nadia inizia ben 50 anni fa, quando dopo una breve esperienza in un’altra trattoria sotto l’egida della madre Nunzia,Aimo Moroni decide di mettersi in proprio, affiancato da Nadia, amica d’infanzia poi compagna di vita. In via Montecuccoli a Milano nasce così un luogo destinato a grandi cose.
Tradizione e amore per l’ingrediente si fondono con tecniche nuove in un connubio che trasforma differenze regionali in unicità di gusto.
Gli inizi sono fatti di piatti e prodotti toscani principalmente, ma Milano è crocevia di merci e prodotti da tutta Italia, ben presto Aimo e Nadia iniziano a conoscere ed utilizzare prodotti da tutto lo stivale, creando piatti che traggono ispirazione da praticamente tutte le tradizioni regionali. Come sempre all’inizio ci sono le difficoltà, i periodi negativi, gli affanni, ma la determinazione è tanta, la bravura anche.
Trovare una via precisa con così tanti prodotti, così tante identità regionali non è cosa facile, ma Aimo ce la fa. Capisce una cosa che al giorno d’oggi, non è ancora del tutto chiara a molti cuochi e in generale a tutto il mondo della gastronomia. Aimo ha capito che da tutte le diversità si può trarre una unicità meravigliosa.
Arrivano i riconoscimenti della critica, arrivano le soddisfazioni in campo internazionale, il locale si rinnova più volte, arriva la prima stella michelin, arriva anche la seconda.
Negli anni 2000 arriva anche il passaggio di testimone in cucina, subentrano Alessandro Negrini e Fabio Pisani, giovanissimi, l’uno dal profondo nord della Valtellina, l’altro dal profondo sud della Puglia, distanti di origine ma ormai fratelli per quanto riguarda la cucina, per altro entrambi hanno fatto esperienza, tra gli altri, anche Dal Pescatore dalla famiglia Santini, altro ristorante che ha fatto della tradizione italiana la sua bandiera!
All’inizio qualcuno storce il naso, qualcuno teme che la cucina di Aimo venga snaturata, qualcuno dice invece che prendere in mano un ristorante già così importante è facile… nulla di più sbagliato, come anche i due cuochi ci tengono a sottolineare, la loro avventura è vissuta come una staffetta, il testimone bisogna passarlo bene, ma bisogna anche riceverlo bene.
Umiltà e consapevolezza sono le caratteristiche che meglio definiscono questi due giovanotti, umiltà di fronte a un ristorante che negli anni è diventato un colosso del panorama internazionale, umiltà nei confronti di una tradizione incredibile come quella italiana, umiltà verso prodotti superlativi; ma anche consapevolezza piena delle proprie capacità e della propria forza.
Il risultato è un’evoluzione naturale della cucina del Luogo di Aimo e Nadia, che non perde la sua essenza, che non cambia natura, ma che semplicemente si apre a nuove tecniche, a nuovi accorgimenti.
Al Luogo di Aimo e Nadia ho avuto la fortuna di andare con un amico che è però un grande chef, Matteo Rizzo del Desco di Verona, con cui ho potuto scambiare impressioni e commenti, ma soprattutto, vista l’amicizia di Matteo con i cuochi del Luogo, la possibilità di assistere a “chiacchiere da chef” sulla cucina del Luogo e in generale sulla cucina italiana, da cui sono emerse cose veramente interessanti se non addirittura commoventi.
Come dicevo, il Luogo di Aimo e Nadia sorge in Via Montecuccoli, un po’ fuori dal centro di Milano, raggiungibile anche in macchina senza dover affrontare proprio tutto il caos milanese. La zona non è bellissima, il Luogo crea un certo contrasto con gli edifici che lo circondano, austero ma elegante all’esterno, coloratissimo ed emozionale all’interno. Si nota subito un certo stile vintage, soffitti decisamente retrò, mentre i grandi quadri colorati alle pareti donano allegria e luce alla grande sala principale, i tavoli ampi, distanti sono molto eleganti e raffinati come ci si aspetta in ristoranti di tale calibro, il bianco e il blu fanno da contrappunto dolce e morbido alle sferzate di colore dei quadri, blu che torna anche nelle divise del personale di sala.
Ad accogliere i clienti e accompagnarli nel viaggio culinario è Nicola Dell’Agnolo, grande esperienza e grande eleganza per questo maître di sala. Il menù, molto bello, anch’esso decorato con una bellissima opera d’arte, si snoda tra due menù degustazione, uno complesso e lungo a 145 €, uno più corto e anche più tradizionale a 95 €, cui si aggiunge una corposa carta con prezzi che oscillano attorno ai 40 € a piatto. Corposa e variegata la carta dei vini.
Noi scegliamo il menù degustazione più lungo, chiedendo qualche aggiunta per farci assaporare quanto più possibile della cucina del Luogo, ma dal momento che le portate son state davvero tante e tutte meriterebbero una spiegazione dedicata, mi soffermerò sui piatti che personalmente ritengo essere i più significativi.
Si parte naturalmente con qualche canapè di benvenuto: una crema di topinambour con bufala pugliese;
Schiacciata con ventresca di tonno e lardo;
Cozza con lardo, chips di sedano rapa e polvere di ceci;
…e infine una cialda croccantissima con crema di cavolfiore e riccio di mare, freschissimo e dal gusto davvero esplosivo!
Si inizia con i piatti della degustazione! Crema di cicerchie dei monti Dauni, lampascioni canditi, olive nolche mosto cotto di fichi e biscotto di mostacciolo. Assaggio interessante, in cui i contrasti dolci e amari si rincorrono piacevolmente.
Poi il gambero viola di Sanremo marinato, con cicoria milanese e granita agli agrumi, piatto semplice ma dai sapori accattivanti e diretti, un piatto che porta una ventata d’estate a Milano.
Segue un raviolo di pane croccante ripieno di baccalà mantecato, accompagnato da un’insalatina condita con yogurt. Di nuovo un piatto semplice ma irresistibile. Il raviolo di pane è fritto e ricorda molto un panzerotto, ma si presenta leggero e croccantissimo, all’interno il baccalà mantecato, anch’esso alleggerito, realizzato solo ed esclusivamente con baccalà e olio d’oliva, mi riporta al mio Veneto, mentre l’insalatina alleggerisce il piatto, da mangiarne fino a scoppiare!
Poi uno dei piatti che ha fatto la storia del Luogo, la zuppa etrusca! Ossia, il minestrone che tutte le mamme e le nonne sognano di fare. L’idea è semplice, quasi banale, una zuppa di verdure, ma la realizzazione e la resa in bocca sono un altro discorso. Un mix di verdure cotte tutte separatamente in modo che ognuna abbia la sua giusta cottura (alcune più coriacee stracotte, altre invece appena scottate), assemblate all’ultimo e legate assieme da una crema di fagioli, nel piatto anche farro e per il tocco finale, olio di oliva e finocchietto selvatico. Occhi lucidi per questo piatto che commuove ed emoziona, ad ogni cucchiaiata emergono sfaccettature diverse, per le numerose verdure, per le consistenze differenti. Il finocchietto selvatico poi, con il suo sapore aromatico e balsamico regala al piatto una nota inaspettata e piacevolissima. Un piatto che giustamente non esce mai dalla carta (ma cambia forma in relazione all’orto e la stagione).
Poi il “quasi raviolo” di seppie crude con granita alla barbabietola, acqua di scamorza affumicata e marmellata di limoni, altro assaggio veramente squisito.
Si passa ai primi, con un risotto, poteva forse mancare a Milano? Certo che no! Ecco quindi il risotto al pomodoro “al filo” con capperi di Pantelleria, olive Nolche e profumo di Limoni della Costiera; il pomodoro è una conserva di pomodoro “come la faceva la nonna” ci raccontano. Profumi e sapori che fanno sognare spiagge e costiere.
Segue l’omaggio a Milano, raviolo ripieni di ossobuco e midollo con ristretto di zafferano, salsa al parmigiano e fondo di carne. ATTENZIONE: piatto erotico. Da divorare in un boccone solo per far esplodere il ripieno succulento! Piatto che rende molto bene l’idea del lavoro fatto dai due giovani chef: un piatto della tradizione, rivisitato mantenendo chiari e netti i sapori originali, ma applicandovi una veste nuova con tecniche perfette, la pasta tirata magistralmente, il ragù di ossobuco all’interno morbido e avvolgente, le textures delle tre salse. Uno dei piatti che più ho apprezzato!
Poi un secondo di carne, il controfiletto di vitella Fassona di montagna con panure di camomilla e cipolla con salsa al rabarbaro e carote, carne morbidissima, panure gustosa con lo spunto originale della camomilla!
Poi, spaghetto defaticante prima dei dolci… il piatto simbolo del Luogo di Aimo e Nadia, lo spaghettone Benedetto Cavalieri con cipollotto fresco, peperoncino, con filo d’olio e basilico ligure. Piatto da libri di mitologia. Il piatto in sé è evidentemente semplicissimo, ma racchiude tutto il gusto per la semplicità raffinata di Aimo, racchiude in senso più ampio tutto il senso della cucina italiana, una pasta… un sugo profumatissimo, ingredienti genuini e superlativi e tanto amore. Una nota di merito per questo piatto la merita anche l’abbinamento al calice, inusuale, originale, quasi “sbagliato” ad un primissimo assaggio… uno sherry, Ximenez-Spinola Old Harvest Medium. La nota dolce di fondo si contrappone al piccante del peperoncino, mentre la nota marsalata si sposa a meraviglia con il cipollotto. Piatto e abbinamento sorprendenti!
Prima di passare ai dolci non può mancare un piccolo assaggio di formaggio, un meraviglioso taleggio accompagnato da pane alle noci e da una mostarda.
Poi come pre dessert ci viene servito un carciofo con caramello salato e spuma di birra, anche qua una bella sorpresa con abbinamenti insoliti che però funzionano a meraviglia!
Si passa quindi ai dolci, ne assaggiamo due: il Tirami-sud che sicuramente diventerà un signature dish e il Black Lemon, squisito dolce a base di limone, lime liquirizia, latte di mandorla e loomi, l’unica nota “straniera” dell’intero menù (una polvere di limoni essiccati tipica del medio oriente, ma che ha gusti comunque molto affini a quelli nostrani).
Il Tirami-Sud è un altro piatto che sintetizza la cucina del Luogo: un dessert che fa il giro d’Italia ad ogni cucchiaiata! Crema di mascarpone e yogurt, ricotta al bergamotto, biscotto al caffè, capperi di Pantelleria canditi (si avete letto bene, hanno messo i capperi nel dolce!!) e cialda di cioccolato, dolce meraviglioso in cui sono proprio i capperi canditi a fare la differenza perché danno quella nota leggermente salata che risveglia il palato; senza dubbio uno dei dolci più buoni che abbia mai mangiato nel mio peregrinare!
Con un assaggio di una marmellata di arance amare di cui si era parlato durante il pranzo, i cioccolatini e il caffè, si conclude uno dei pranzi che si candida senza dubbio ad essere pranzo dell’anno nonostante l’anno sia ancora lungo. A sorprendere le emozioni regalate dai piatti più semplici della degustazione, ma sorprendenti anche le “chiacchiere” da chef di cui accennavo prima.
Discorrendo con i cuochi è emersa una riflessione importante sul mondo dell’alta ristorazione, ormai finito sotto i riflettori grazie al successo televisivo di alcuni cuochi. Nessuna critica, nessuna invidia, ma i giovani cuochi ci hanno tenuto a sottolineare che ormai a quel livello sono tutti bravi, tutti sanno cucinare bene la carne, fare la pasta o fare le salse, quello che fa la differenza è l’unicità della proposta e della filosofia in cucina, alla fine “stiamo solo facendo da mangiare”, hanno detto, ma ci piace regalare emozioni e raccontare una storia con i nostri piatti, ed ecco al Luogo di Aimo e Nadia la storia raccontata è davvero bellissima e vale la pena andare ad assaporare quella storia. Perché è la storia di una coppia con una grandissima passione, Aimo e Nadia per l’appunto, è la storia di due giovani cuochi con altrettanta passione, ed è la storia delle tradizioni di un paese intero, il menù ne è chiaro esempio, ad ogni ingrediente segue l’origine. Tra i piatti, come avete visto, trovate ingredienti della costiera amalfitana accostati magari a carni piemontesi, olio ligure, verdure toscane o ricette venete. Il giro d’Italia nel piatto, in cui tutto è in perfetta armonia e le differenze regionali diventano pregi che non si scontrano ma anzi si valorizzano l’un l’altro!
Ci è voluto un francese per capire questo concetto estremamente banale, Paul Bocuse, uno dei più grandi cuochi di sempre, una volta disse “L’egemonia della cucina francese durerà sino al momento in cui gli chef italiani si renderanno conto dell’enorme patrimonio che hanno a disposizione, sia dal punto di vista delle materie prime sia dal punto di vista delle innumerevoli sfaccettature delle tradizioni”.
Questo al Luogo di Aimo e Nadia l’avevano capito ancora molto tempo fa, per me, il miglior ristorante di cucina italiana!
Massimo Michelon
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