Ristorante Perbellini a Isola Rizza.
Un ristorante con una storia importante, un ristorante con un nome importante.
Un ristorante in cui son stato più volte, avendo modo di seguirne la crescita e in cui ho avuto modo di vivere un’esperienza unica.
La Storia del Ristorante Perbellini
La storia dietro il nome molti già la conoscono, Perbellini è uno dei nomi più importanti della pasticceria italiana, famoso soprattutto per i lievitati delle festività, ma non è solo questo. Perbellini nel tempo è diventato un nome di spicco anche nella ristorazione grazie a Giancarlo Perbellini che accanto alla fabbrica di famiglia ha voluto aprire un ristorante che ha fatto la storia. 2 stelle michelin conquistate in pochi anni, una terza stella quasi presa poi mai avuta.
Però poi Giancarlo ha deciso di dare una svolta alla sua carriera e alla sua vita e ha deciso di lascare lo storico locale e di trasferirsi in centro a Verona, aprendo Casa Perbellini, ristorante di cui vi ho già parlato.
E il vecchio locale? Più di qualcuno lo dava per spacciato dopo l’abbandono del capitano Giancarlo. All’inizio forse un po’ ha arrancato in effetti, ma ha raggiunto in breve tempo una sua forma e una sua coscienza che ne fanno, oggi, uno dei locali più promettenti del Veronese.
Il Ristorante Perbellini Oggi
A guidare il ristorante ora è la signora Paola Secchi, affiancata in cucina dallo chef Francesco Baldissarutti, che era il secondo di Giancarlo prima. Una grande maestra di accoglienza lei, un talento ribelle dei fornelli lui. Fin da subito il ristorante si è guadagnato una stella Michelin, che continua a risplendere sul ristorante assieme a 3 cappelli de L’Espresso, mentre il Gambero Rosso si misteriosamente dimenticato di questo ristorante.
Il ristorante sorge in una zona abbastanza sfortunata, la zona industriale di Isola Rizza, ma del resto è nato proprio accanto alla fabbrica Perbellini. Arrivarci non regala le migliori delle emozioni, ed è stato un problema del ristorante fin da subito: difficile convincere le persone, soprattutto la Verona bene, ad abbandonare i fasti della città per recarsi in zona industriale. Nel periodo autunnale poi giunge anche la fitta nebbia tipica di quelle zone a far storcere il naso agli avventori.
Riportare ad alti livelli un ristorante con queste premesse non è cosa facile, ma il ristorante Perbellini ci sta riuscendo alla grande. La cucina è sicuramente la prima protagonista di questa rinascita, ma anche la scelta di tenere dei prezzi decisamente competitivi gioca un ruolo importante. Scelta non facile da gestire, ma sicuramente una scelta coraggiosa.
La cucina del Ristorante Perbellini
La cucina dello chef è molto istintiva, fatta di tradizione, di omaggi al trascorso sotto Giancarlo Perbellini, fatta anche di influenze a volte estere a volte mediterranee, a volte montanare (lo chef è nato a Bassano del Grappa ma è cresciuto nella zona di Cadore, nel bellunese) ma sempre molto personale e originale. Numerosi gli accostamenti inusuali che nascono nella testa dello chef che si traducono in piatti geniali. Immancabile poi le erbe aromatiche coltivate nella serra del ristorante e le preparazioni allo spiedo (spiedo gigantesco che troneggi al centro della cucina).
La Sala e gli Ambienti
Il locale come detto sorge attiguo alla grande struttura di cemento della fabbrica, da fuori non attira molto, ma l’interno fa dimenticare subito il grigio degli ambienti esterni. Un ambiente di grande eleganza, confortevole fin dall’ingresso. Il ristorante si divide in due ampie sale dall’arredo classico, mai pacchiano. C’è poi uno splendido salottino per un aperitivo o per un dopocena di lusso.
Notevole la cantina del ristorante, bellissima e molto fornita, con la possibilità di un aperitivo tra i tesori grazie alla presenza un bel tavolo.
Il mio Chef’s Table
Nonostante i piaceri della sala del ristorante, grazie alla disponibilità dello chef e alla scelta di una giornata molto tranquilla (un pranzo infrasettimanale) ho però optato per una scelta molto più originale: mangiare in cucina.
Alcuni ristoranti sono predisposti a tale esperienza e al momento della prenotazione dichiarano di avere un tavolo in cucina, il famoso “chef’s table”, alcuni invece hanno una cucina a vista. poter mangiare in cucina, con un tavolo messo lì solo per te è però un’esperienza unica. Il nostro tavolo è stato messo proprio davanti al pass, così da poter vivere in prima fila tutte le preparazioni, dalle cotture all’impiattamento. Un’esperienza divertente ed emozionante, per me, ma anche per i cuochi. Il cuoco è perlopiù abituato a ricevere complimenti o critiche attraverso la mediazione del cameriere o nella migliore delle ipotesi dal cliente stesso ma a pasto terminato. Accogliendo dei clienti direttamente a mangiare in cucina invece può vedere in diretta le reazioni a suoi piatti.
Vi assicuro che le mie reazioni son state solo varie sfumature di piacere.
Il menù del Ristorante Perbellini
I menù del ristorante sono molti e vari. Si passa da un business lunch a 28 € comprendenti due calici di vino per le due portate principali; un menù “Tradizione” composto di 3 piatti della tradizione veronese e tre vini al calice a 35€ (vi sfido a trovare un prezzo più conveniente in un ristorante stellato). Vi sono poi 3 menù degustazione più complessi: “Senza Pensarci”, 4 piatti scelti dallo chef a 40€; “Preludio”, un percorso di 6 piatti con alcuni classici del ristorante a 60€ e infine il menù “Assolo”, 6 piatti che rappresentano l’essenza della cucina di chef Francesco a 75€. Si possono comunque scegliere i piatti dall’ampia carta del ristorante.
Splendida la carta dei vini: piccoli produttori sia locali che esteri, affiancati a grandi maison, sempre sia italiane che estere. Per alcuni vini è veramente notevole la profondità dell’offerta che raggiunge annate rare e pregiate. Decisamente onesti anche i ricarichi e bravissimo il sommelier Riccardo Migotto nel gestire una carta dei vini così ampia
Il mio pranzo: gli snack di benvenuto
Per il nostro pranzo allo chef’s table optiamo naturalmente per il menù Assolo.
Il pranzo si apre come di consueto con i benvenuti dalla cucina, per l’occasione farò da cavia per alcuni snack che entreranno ufficialmente nel prossimo menù del ristorante, è un duro lavoro ma qualcuno lo deve fare.
Si parte con cialde di crauti e patate e grissini alla canapa,
segue una focaccina morbida di lievito madre con pomodoro e origano.
Un finto macaron di funghi porcini con caprino, davvero buonissimo
Un cucchiaio con rapa rossa allo spiedo, mora e lampone per pulire il palato.
A chiudere gli snack di benvenuto una piccola entrata che potrebbe benissimo essere un piatto del menù: carota allo spiedo, spuma alla mugnaia e varietà di carote croccanti, houttuynia (un’erba aromatica il cui sapore è a metà tra coriandolo e mandarino, davvero interessante) e lime. Assaggio tutto vegetariano che ci viene impiattato dal cuoco Ars Malak ricco di sapori e armonie, ottimo inizio.
Sontuoso il cestino dei pani, accompagnato dal burro.
Gli Antipasti
Poi il vero e proprio primo antipasto della degustazione. Scampo marinato e brodo di pollo allo spiedo. Praticamente solo due elementi per un piatto tanto semplice all’apparenza quanto complesso all’assaggio. Lo scampo crudo viene brevemente marinato, al tavolo poi viene versato un caldo brodo di pollo allo spiedo, che dà una leggerissima cottura allo scampo cambiandone la consistenza. Il contrasto tra i due elementi è forte, non facile. L’accostamento di scuola Ducasse funziona. Il risultato è veramente interessante. La nota grassa, dolce e marina dello scampo viene avvolta dalla ricchezza del brodo di pollo. In un abbraccio che profuma sia di casa che di lusso.
Segue un piatto che vuole essere un gioco e al tempo stesso un omaggio al Noma di Copenaghen: Kebab di sedano rapa e tartufo nero. Nei mesi estivi il Noma propone un menù costruito interamente sul mondo vegetale e uno dei piatti che ha attirato di più l’attenzione del popolo gourmand è proprio il kebab fatto con il sedano rapa.
Lo chef Francesco ha voluto farne la sua versione, anche perché il sedano rapa è un prodotto molto utilizzato proprio nel veronese. il bruttissimo ortaggio (bisogna ammetterlo) viene lavorato proprio come un kebab, quindi tagliato e servito nel piatto con una salsa allo yogurt. Al tavolo poi il piatto viene terminato da una generosa grattugiata di tartufo nero. Un assaggio veramente goloso e divertente, il sapore fresco del sedano si sposa benissimo con il tartufo nero.
Poi chef Francesco sfoggia il capolavoro. Capesante, grancevola, terra di nocciole tostate, asparagi settembrini, peperoni, oxalis e champonzu.
Molti ingredienti, grandissimo equilibrio e soprattutto una sferzata di sapori che lascia piacevolmente traumatizzati. Il piatto è giocato sulle note sapide iodate dei molluschi e del crostaceo perfettamente sposate con le note minerali e terrose dell’asparago. Inoltre, le nocciole dialogano alla perfezione con tutte le cotture in quanto la nota tostata ben si sposa con le cotture degli altri ingredienti, la salsa ponzu dona una nota tra il caramellato e l’agrumato veramente piacevole.
A completare il capolavoro è però l’abbinamento che il sommelier Riccardo ha pensato. Un Pedro Ximenez vinificato a secco. Azzardo importante che risulta però vincente.
Le note dolci, speziate e tostate del vino infatti si sposano benissimo con le note del piatto. Nel complesso l’esperienza dell’assaggio di questo piatto vale il viaggio.
I Primi Piatti
Si passa poi a primi, affidati a Stefano Deon, secondo di Francesco in cucina e responsabile dei primi, definito dall’executive chef in persona “cintura nera di risotti”. Partiamo dunque proprio con un risotto: Risotto alle zucchine con spuma di papacelle, polvere di olive nere e aguglie fritte. Piatto dai sapori ancora decisamente estivi, che si addicono a questo bizzarro e caldissimo ottobre. Cottura perfetta, profumi mediterranei per un risotto avvolgente e confortevole che torna su registri più tradizionali rispetto al piatto precedente. Molto buono
Segue un altro piatto davvero interessante: bottoni di spinacino selvatico con burro al pino mugo e tartufo nero. Solo tre ingredienti per questa pasta ripiena dal gusto deciso, spinto.
I profumi ricordano una passeggiata nel bosco e il sapore al palato non fa che confermare ed amplificare questa sensazione. L’amaro intenso e piacevole dello spinacio di montagna è ammorbidito dal burro. Favolosa la nota balsamica del pino mugo. Il tartufo chiude il piatto in maniera lussureggiante. Sicuramente sarebbe interessante riassaggiarlo adesso che si apre la stagione del tartufo bianco.
I Secondi Piatti
Si passa al secondo. Cinghialetto da latte su tortino di cuore di bue con spuma al burro, salsa all’aceto di chianti e menta fresca. Il piatto nasce da uno staff meal curato dal cuoco Bruno Vignolle, che ha proposto una ricetta del padre a base di pomodoro cuore di bue. In questa portata i sapori sono prorompenti: il cinghialetto, servito rosa, non è aggressivo, ma elegantemente intenso. La spuma al burro sifonata è leggera e confortante, il contrasto di freschezza della menta e del pomodoro portano una ventata di estate ad una carne associata tipicamente a stufati fumanti e inverni rigidi.
Teoricamente la parte salata del menù sarebbe terminata, ma lo chef ci chiede se abbiamo ancora fame. Domanda retorica. Ci propone un gustoso fuori menù: animelle croccanti in saor, con stracchino, pomodorini, gel di alloro ed erbe acidule.
Le animelle vengono marinate in saor e anche nella panatura vengono ripresi i sapori del saor (il saor è un condimento agrodolce tipico Veneto, in particolare della zona del veneziano, la preparazione più caratteristica sono le sarde in saor). Note grasse, acide e fresche si rincorrono per un piatto che profuma sia di veneto che di mediterraneo, veramente piacevole.
Termina quindi la parte salata e si passa alla parte dolce della nostra degustazione.
I dolci del Ristorante Perbellini
Si parte con un pre dessert molto rinfrescante. Sorbetto di lamponi, crumble di liquirizia e foglie di levistico (una pianta erbacea perenne che ricorda sia nell’aspetto che nel sapore il sedano). Il pre-dessert svolge magnificamente la funzione di pulire e rinfrescare il palato prima del dolce vero e proprio.
Il dolce è una panna cotta all’olio di oliva con gelato al pop corn, mango in diverse consistenze e neve al cardamomo verde.
Un dolce-non dolce davvero magistrale. I sapori sono interessanti e ben equilibrati e il gelato al pop corn è una cosa tremendamente golosa.
Si termina la degustazione con la piccola pasticceria. Una tartelletta con squacquerone e fichi caramellati, un golosissimo babà con burro d’arachidi, crema pasticcera al cassis e lamponi, un macaron alla pesca e il sugolo di uva fragola (preparazione molto antica, è simile ad un budino di uva) con cacao salato.
Il pranzo si conclude con una degustazione di liquori e grappe autoprodotti e un giro in cantina per vedere i tesori nascosti del ristorante Perbellini.
Conclusioni
Questo pranzo lo ricorderò per sempre. Mangiare dentro una cucina stellata non capita tutti i giorni, avere i cuochi a disposizione come camerieri, vedere in diretta la preparazione dei piatti e discuterne con loro la riuscita. È stata un’emozione unica. Il ristorante Perbellini a Isola Rizza è rinato, rinato con nuova forza e nuova luce ed è sicuramente destinato a crescere ancora, anche se la strada fino a Isola Rizza non è delle migliori, anche se il panorama attorno al ristorante è abbastanza desolato, una volta entrati vi troverete accolti dentro uno scrigno di gusto ed eleganza, se passate per le zone di Verona è una tappa caldamente consigliata e mangiare nelle splendide sale è un gran piacere. Anche Francesco poi rientra nel progetto Generations di Matteo Rizzo del Desco, e il 15 novembre il Ristorante Perbellini ospiterò Il Desco per una serata a quattro mani che promette scintille!
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